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CULTURE & SPETTACOLI

Esercitazione in aula

Lo scrittore del cuore

Come la destra
si è innamorata

del fantasy

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di Giuseppe Scotti

L’ossessione che ha FdI con Il signore degli anelli è tale da aver fatto parlare di generazione Tolkien.

La decisione di dedicare una mostra all’autore sembra quasi naturale. Ma cosa sta cercando di ottenere la destra con questa mostra?. A chiederselo è The Guardian, che assiste alla santificazione di un autore simbolo della Gran Bretagna come portavoce di sani ideali. Quali? Quelli «della tradizione, della comunità e della storia cui si appartiene: un vero conservatore» a detta di Sangiuliano.

Viene da chiedersi se Meloni&co. abbiano letto l’intero libro o se si siano fermati all’introduzione che ne fece al tempo Elémire Zolla, vedendo nell’opera un’allegoria a proposito di un gruppo etnico “puro” che si difende dagli invasori stranieri.

È l’ennesimo tentativo della destra di avvicinare una figura ai propri valori, come accaduto per Dante.

Peccato fosse stato lui a parlare per la prima volta dei quattro gradi di interpretazione di un testo. Per Tolkien vince quella letterale, come ha affermato dicendo «non predico e non insegno nulla».

Tolkien a Roma: la più grande mostra
realizzata in Italia

“Tolkien. Uomo, Professore, Autore”: un’esperienza che racconta in una mostra l’essere umano, il docente e l’ideatore di uno dei libri più famosi del ‘900: sarà ospitata a Roma presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea dal 16 novembre 2023 all'11 febbraio dell'anno prossimo.

Il ministero della Cultura - in occasione del cinquantesimo anniversario dalla scomparsa dello scrittore e dalla prima edizione italiana de “Lo Hobbit” - promuove la più grande esposizione mai dedicata all’autore nel bel paese.

La mostra è stata realizzata da Creare Organizzare Realizzare in collaborazione con l’Università di Oxford, nella quale Tolkien esercitava il ruolo di docente.

L’immersione nell’universo da lui creato, studiato e pensato, si realizza mediante un articolato percorso espositivo tra manoscritti autografi, lettere, memorabilia, fotografie e opere d’arte ispirate alle visioni letterarie di quello che è stato un autore rivoluzionario e poliedrico. 

Particolare rilevanza viene data al suo rapporto con l’Italia: «Sono innamorato dell'italiano, e mi sento alquanto sperduto senza la possibilità di provare a parlarlo», si legge in una sua lettera.

Spazio anche agli adattamenti cinematografici, dal film d’animazione di Ralph Bakshi, alla trilogia de “Il Signore degli Anelli” del regista Peter Jackson. La Capitale è solo la prima tappa di un percorso che proseguirà nel 2024 in altre città italiane. 

La mostra ci racconta il percorso umano, il lavoro accademico e la potenza narrativa: un’immersione totale studiata per permettere agli appassionati e al grande pubblico di conoscere la vita, i processi creativi e le esperienze dell’autore di alcune delle opere fantasy più amate del ‘900. Non solo “Lo Hobbit” e il “Silmarillion”: rispetto alle grandi mostre allestite a Oxford (2018), Parigi (2020) e Milwaukee (2022), che hanno esaltato particolari aspetti delle opere letterarie, quella di Roma pone il Tolkien-persona al centro di tutto. Viene raccontato l’uomo, padre e amico; accademico, autore di saggi e pubblicazioni ancora oggi fondamentali nello studio della letteratura inglese; narratore e sub-creatore della Terra di Mezzo.

di Sara Paolella
Marta Elli
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In libreria

Abel, il western metafisico
di Alessandro Baricco

di Sara Paolella

Era il 2015 quando Alessandro Baricco pubblicava "La sposa giovane". Da allora tanti progetti – in teatro e alla scuola Holden, poi la pandemia, il divorzio, il silenzio sui social, la malattia. Aveva annunciato di essersi ripreso in un post di Instagram, con una caption ironica. «Lo so, non si usano i social così», aveva scritto, spiegando si essersi sottoposto a un doppio trapianto di midollo, ma che era arrivato il momento di lasciarsi questo imprevisto alle spalle. Lo ha fatto pubblicando a sorpresa un libro, Abel, da lui definito un «western metafisico». 

La trama è come tutte quelle dei suoi romanzi, una storia semplice. Ci sono un uomo – Abel Crown, uno sceriffo ventisettenne di un Ovest immaginario – e una donna – Hallelujah Wood, nata e cresciuta nella tribù dei Dakota – che si incontrano ogni giorno, finché all’improvviso lei non scompare. A rendere però il romanzo un’opera unica, come quelle alle quali Baricco ha abituato i suoi lettori sin dall’esordio con Castelli di rabbia, è la narrazione che l’autore crea. Mescola il romanzo alla trattazione filosofica, si prende gioco del tempo e descrive lo spazio tramite un luogo che non esiste. Un libro che, a detta del premio Strega Emanuele Trevi, non si può dire solo tale: «È come se si definisse cibo quel che si mangia al ristorante».

"C'è ancora domani"

Successo per l'esordio alla regia di Cortellesi

di Maria Antonietta Conso

Se non l’avete ancora visto, andate al cinema per il film “C’è ancora domani”. Diretto e interpretato da Paola Cortellesi, è stato presentato in anteprima come film di apertura alla Festa del Cinema di Roma 2023, dove ha vinto diversi riconoscimenti tra cui il Premio del Pubblico e il Premio speciale della Giuria.

Oltre alla stessa Cortellesi che interpreta Delia, tra gli attori protagonisti ci sono Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Romana Maggiora, Emanuela Fanelli e Valerio Mastandrea che interpreta il difficile ruolo di Ivano, il marito di Delia.

Una storia che tratta il tema della violenza e del maltrattamento delle donne, mostrando come l’abuso di genere possa tramandarsi tra le generazioni. Una violenza evidente, ma, allo stesso tempo, non mostrata. Infatti, la delicatezza della regista emerge appieno nella scelta di non far vedere direttamente le scene di violenza fisica subita che si percepisce attraverso gli occhi dei figli, ma di trasformarle quasi in scene da musical. Spensieratezza che si percepisce anche negli unici momenti con l’amica Marisa che ha un banco al mercato, con cui ogni tanto riesce a bere un caffè e fumare una sigaretta; il meccanico Nino, suo amore dell’adolescenza, un soldato americano che la vuole aiutare. Una storia di una donna ordinaria, quella di Delia, che tiene la sua casa,

un sottoscala, pulita e in ordine, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero allettato, Sor Ottorino, e tutti i giorni cerca di guadagnare qualche soldo in più per aiutare economicamente la sua famiglia, rammendando biancheria femminile, aggiustando ombrelli, lavando lenzuola e facendo punture a domicilio e ricevendo un compenso inferiore a quello dato se fosse un uomo.

Un contesto familiare in cui Ivano trova normale umiliarla e riempirla di botte per quelle che reputa essere delle sue mancanze e incapacità.

La scoperta del diritto al voto, all’istruzione e alla libertà, il rispetto verso se stessa e l’amore per la figlia sono i momenti salienti del riscatto sociale e culturale che Delia matura nel corso del film, e in ciò rappresenta non solo le tante donne che nel dopoguerra venivano discriminate e sottomesse, ma riesce a veicolare un messaggio in favore delle donne che ancora oggi sono discriminate e maltrattate: cercare, a partire da se stesse, la forza di reagire e di cambiare il proprio destino per far sì che l’emancipazione coinvolga tutte.

«Un film per non dimenticare i nostri diritti», ha dichiarato Paola Cortelles.  Un messaggio netto, che arriva dritto al cuore. Un messaggio che le ha regalato un grande successo.

Danza classica

di Emma Traversi

È l’8 novembre, la seconda rappresentazione di Onegin, di John Cranko, è appena terminata. I ballerini si inchinano sul palco ricevendo il riconoscimento del pubblico. Il sovrintendente del teatro, Dominique Meier, interrompe l’acclamazione generale. Ringrazia l’orchestra e il corpo di ballo, molti ballerini singolarmente, il loro direttore Manuel Legris, concludendo quella lunga fila di omaggi con la protagonista dello spettacolo, Nicoletta Manni.


 

«E soprattutto faccio tanti complimenti a Nicoletta Manni» dice «ballerina speciale, fantastica. Quando una ballerina brilla così fra le stelle da anni, si possono cambiare le regole e quindi su proposta di

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I fan di Taylor contestano il candidato

alle presidenziali

Manuel Legris ho il piacere di dare a Nicoletta il titolo di étoile».

Stupore ed emozione sul palco: Nicoletta si inchina nel suo vestito blu stile ottocentesco, col quale aveva appena ballato nei panni di Tatiana. In platea, commozione e incredulità.

Quest’ultima nomina è il coronamento della lucente carriera della ballerina, nata a Galatina 32 anni fa. A 12 anni entra a far parte della scuola del teatro La Scala e in quello stesso teatro diventa prima ballerina nel 2014 fino a raggiungere il massimo riconoscimento.

Tra le lacrime, Nicoletta Manni ha dichiarato: «Non me l’aspettavo, davvero non sapevo niente. È magnifico, mi sento scombussolata,

non riesco a dire tanto se non che sono grata per questa sera. Era giàun momento bellissimo e ora, questo è il coronamento».

Accanto a lei, sul palco, il collega e amico Roberto Bolle, già étoile del teatro. Senza parole il marito, Timofej Andrijashenko anche lui primo ballerino alla Scala col quale la Manni ha interpretato molti ruoli da protagonista. È la prima volta nella storia del Balletto della Scala che viene annunciata la nomina a “stella” del teatro davanti al pubblico. Solitamente il titolo viene comunicato il giorno successivo a un’importante rappresentazione in sala-ballo. La nomina “sul campo” è invece una tradizione dell’Opéra di Parigi da cui provengono sia Meyer che Legris.

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